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Il libro

Antifragile

Questo libro offre una nuova visione del mondo. La prospettiva che cambierà le nostre idee sulla società e ispirerà le nostre scelte quotidiane. Ci aiuterà a comprendere come il nostro corpo si protegge dalle malattie e le specie viventi si evolvono, come la libertà d’impresa crea prosperità e il genio si trasforma in innovazione. Ci farà scoprire che se viviamo più a lungo non è la medicina che dobbiamo ringraziare, che meno dati sono disponibili e più un’analisi sarà accurata, e che il naufragio del Titanic ha salvato molte più persone di quante ne abbia fatte annegare. La chiave di tutto è l’antifragilità. Sappiamo che la nostra incapacità di comprendere a fondo i fenomeni umani e naturali ci espone al rischio degli eventi inaspettati. Ma l’incertezza non è solo una fonte di pericoli da cui difendersi: possiamo trarre vantaggio dalla volatilità e dal disordine, persino dagli errori, ed essere quindi antifragili. Il robusto sopporta gli shock e rimane uguale a se stesso, l’antifragile li desidera, e se ne nutre per crescere e migliorare. Medicina, alimentazione, architettura, tecnologia, informazione, politica, economia, gestione dei risparmi: sono solo alcuni dei campi di applicazione pratica in cui Nassim Nicholas Taleb ci accompagna, con l’ironia e la verve polemica che lo hanno reso celebre. Nell’ottica dell’antifragilità, le città-stato funzionano meglio degli stati-nazione, la spontanea confusione dei suk è preferibile all’eleganza formale dei mercati regolati, le grandi corporation sono una minaccia per la società, tanto quanto i piccoli imprenditori ne rappresentano la forza. E per raggiungere un maggior benessere personale e collettivo non è necessario fare sempre di più: meno è meglio. Attingendo da uno sconfinato repertorio di episodi storici, fenomeni biologici e naturali, curiose esperienze personali, unendo la logica matematica alla scettica saggezza degli antichi e allo spirito pratico dell’uomo della strada, Taleb è riuscito nel tentativo di creare una guida eclettica, scanzonata e iconoclasta per orientarsi in un mondo dominato dal caos, il mondo del Cigno nero.

 

Impressioni

Espressioni

È molto più facile capire se una cosa è fragile che prevedere il verificarsi di un evento che potrebbe danneggiarla. La fragilità può essere misurata, il rischio non è misurabile (tranne che nei casinò e nella testa di chi si autodefinisce «esperto del rischio»). Ciò costituisce una soluzione a quello che ho chiamato «problema del Cigno nero», vale a dire l’impossibilità di calcolare il rischio che si verifichino eventi rari di grande impatto e di predirne l’occorrenza. È molto più facile gestire la sensibilità ai danni provocati dalla volatilità che prevedere l’evento che potrebbe causare quel danno. Pertanto, la mia proposta è di capovolgere completamente il nostro attuale approccio alla previsione, ai pronostici e alla gestione del rischio.

Qualunque cosa tragga più vantaggi che svantaggi dagli eventi casuali (o da alcuni shock) è antifragile; in caso contrario, è fragile.

Il punto è che se l’antifragilità contraddistingue tutti i sistemi naturali (e complessi) che sono sopravvissuti, privarli della volatilità, della casualità e dei fattori di stress potrà solo danneggiarli: si indeboliranno e andranno incontro alla distruzione o al collasso. Siamo riusciti a rendere fragili l’economia, la nostra salute, la vita politica, l’istruzione, praticamente tutto sopprimendo la casualità e la volatilità.

Questa è la tragedia della modernità: come nel caso dei genitori nevrotici e iperprotettivi, spesso chi cerca di aiutarci finisce per farci più male.

Questo ci porta al maggior fattore di fragilità della società, nonchè principale generatore di crisi: l’attitudine a non «mettersi in gioco».

Mai nella storia si è assistito a un periodo in cui personaggi che evitano di assumersi rischi e di esporsi in prima persona hanno esercitato un controllo così ampio.

Se cercate l’ordine avrete uno pseudo-ordine; riuscirete a ottenere un certo grado di ordine e controllo solo se contemplerete anche il caso.

Ora, per ragioni connesse all’aumento di ciò che è artificiale, all’allontanamento dai modelli ancestrali e naturali e alla perdita di robustezza causata dalle complicazioni che si incontrano creando qualsiasi cosa, il ruolo dei Cigni neri sta diventando sempre più importante. Inoltre, siamo vittime di una nuova malattia, che in questo libro chiamerò neomania, la quale ci porta a costruire sistemi vulnerabili al Cigno nero nel nome del «progresso».

Quello che propongo è un piano d’azione per modificare i sistemi creati dall’uomo e lasciare che la semplicità e la naturalezza facciano il loro corso.
Tuttavia, la semplicità non è facile da raggiungere. Secondo Steve Jobs «devi lavorare duro per ripulire il tuo pensiero e renderlo semplice». Nel mondo arabo, esiste un’espressione tagliente per esprimere lo stesso concetto: incapace di capirlo, maestro nello scriverlo.

La fragilità e l’antifragilità indicano un potenziale guadagno o danno dovuto all’esposizione a qualcosa che concerne la volatilità. Cos’è quel qualcosa? Semplicemente, l’appartenenza alla famiglia allargata del disordine.

 La Famiglia allargata del Disordine (o Cluster):

  1. incertezza,
  2. variabilità,
  3. conoscenza imperfetta e incompleta,
  4. probabilità,
  5. caos,
  6. volatilità,
  7. disordine,
  8. entropia,
  9. tempo,
  10. ignoto,
  11. caso,
  12. agitazione,
  13. fattore di stress,
  14. errore,
  15. dispersione dei risultati,
  16. “non conoscenza”.

La Triade classifica gli elementi in tre colonne, denominate:

   FRAGILE      ROBUSTO     ANTIFRAGILE

Ricordatevi che il fragile vuole la tranquillità;, l’antifragile cresce grazie al disordine e al robusto non importa più di tanto. Il lettore è invitato a esplorare la Triade per osservare come le idee esposte nel libro si applichino ai vari ambiti. Semplicemente, entro un determinato ambito, quando si discute di un argomento o di una scelta politica, l’obiettivo è identificare la categoria della Triade in cui rientra e che cosa fare per migliorarne la condizione.

Si noti che qui fragile e antifragile sono termini relativi, non proprietà assolute: un elemento che si trova sul lato destro della Triade è più antifragile di quello che si trova a sinistra.

Arriviamo poi al giusto robusto: il robusto della colonna di mezzo non equivale al “giusto medio” di Aristotele (erroneamente noto come “giusto mezzo”), nell’accezione per cui la generosità sta tra l’avarizia e la prodigalità; può essere, ma non è necessariamente così. L’antifragilità è desiderabile in generale ma non sempre, poiché ci sono casi in cui l’antifragilità può diventare costosa, estremamente costosa. Inoltre, è difficile considerare sempre auspicabile la robustezza: per parafrasare Nietzsche, di immortalità si può morire.

Vi siete mai chiesti quale potrebbe essere la situazione opposta, l’esatto contrario di “fragile”?
Per la maggior parte delle persone la risposta è “robusto”, “resistente”, “solido” o attributi simili. Tutto ciò che è robusto, solido e via dicendo, però, non si rompe né migliora, quindi non ha necessità di essere segnalato (avete mai visto la scritta “indistruttibile” a caratteri cubitali verdi su un pacco?). Dal punto di vista logico, l’esatto opposto di un pacco “fragile” dovrebbe essere un collo con la scritta “maneggiare senza cura” oppure “maltrattare senza problemi”. Il suo contenuto non solo sarebbe indistruttibile, ma potrebbe persino trarre beneficio da eventuali scossoni e da una vasta gamma di traumi. Il pacco fragile sarebbe quindi integro nel migliore dei casi, quello robusto lo sarebbe nel migliore e nel peggiore dei casi. L’opposto di fragile è dunque ciò che rimane integro nel peggiore dei casi. Ho definito questo terzo pacco “antifragile”, neologismo che si è reso necessario perché sul dizionario non esiste un termine semplice e non composto che esprima l’inverso della fragilità. Infatti, l’idea di antifragilità non è presente in noi a livello conscio, ma fortunatamente fa parte del nostro comportamento innato, dell’apparato biologico dell’uomo, ed è una proprietà trasversale a tutti i sistemi che sono sopravvissuti.

Detto altrimenti, dato che il contrario di positivo è negativo, e non neutro, il contrario di fragilità positiva dovrebbe essere fragilità negativa (da cui la mia denominazione di “antifragilità») e non fragilità neutra, concetto che trasmetterebbe esclusivamente robustezza, forza e indistruttibilità. Di fatto, se la si rappresenta in termini matematici, l’antifragilità. È la fragilità preceduta dal segno meno.1 La cecità su questo punto pare essere universale. Non esiste un termine che definisca l’antifragilità in nessuna nelle principali lingue conosciute, moderne o antiche, nella parlata colloquiale o nello slang. Sembra che persino il russo (versione sovietica) e l’inglese standard di Brooklyn non contengano una definizione di antifragilità, che viene assimilata alla robustezza.2 E così, metà delle cose della vita, la metà interessante, per noi non ha un nome.

Anche gli psicologi che hanno studiato la risposta antifragile della crescita postraumatica, fornendo dati precisi, non hanno compreso fino in fondo il concetto, perché quando lo definiscono a parole scivolano nel termine “resilienza”.

Secondo l’audace congettura che presento in questo capitolo, qualsiasi cosa abbia vita è in qualche modo antifragile (ma non viceversa): pare che il segreto della vita sia l’antifragilità.

Quando la materia inanimata, ovvero non vivente, viene sottoposta a stress, si logora oppure si spezza.

Questa dicotomia tra biologico e meccanico è un’efficace distinzione iniziale per intuire la differenza tra due tipologie di fenomeni, ma si può fare di meglio. Molte cose, come la società, le attività economiche, i mercati e i comportamenti culturali sono in apparenza costruzioni umane, ma crescono anche in modo autonomo fino a raggiungere una sorta di auto-organizzazione. Anche se non sono strettamente biologiche, hanno punti in comune con gli organismi viventi, in quanto, in un certo senso, si moltiplicano e si riproducono: pensate alle voci, alle idee, alle tecnologie e alle aziende. Sono più vicine al gatto che alla lavatrice, ma vengono in genere scambiate per lavatrici. Pertanto, possiamo generalizzare la nostra distinzione al di là del binomio biologico/non biologico, giungendo a una differenziazione più efficace, quella tra sistemi complessi e non complessi.

L’aspetto cruciale di quei sistemi complessi in cui le varie parti interagiscono tra loro è che trasmettono informazioni alle loro componenti mediante fattori di stress.

Inoltre, anche gli errori e le loro conseguenze sono informazioni; nei bambini piccoli, nei quali le facoltà logiche sono ancora poco sviluppate, il dolore è l’unica fonte di informazione per la gestione del rischio. I sistemi complessi, insomma, sono interamente centrati sulle informazioni, e intorno a noi ci sono molti più trasmettitori di informazioni di quanti ne possano cogliere i nostri occhi. Questa è ciò che chiamo opacità causale: è difficile seguire la traiettoria della freccia che va dalla causa alla conseguenza, e ciò rende inapplicabili quasi tutti i metodi di analisi convenzionali, oltre che la logica comune. Come ho già detto, gli eventi specifici sono difficilmente prevedibili, ed è proprio questa opacità a renderli tali. Inoltre, a causa delle non linearità, ci sarebbe bisogno di una visibilità maggiore rispetto ai sistemi ordinari; ma quello che abbiamo è solo opacità.

Le nostre antifragilità hanno dei presupposti. La frequenza con cui affrontiamo i fattori di stress conta. Gli esseri umani tendono a rendere di più quando lo stress è acuto rispetto a quando è cronico, soprattutto se, nel primo caso, lo stress è seguito da lunghi periodi di recupero nei quali i fattori che lo hanno provocato possono svolgere il loro lavoro di messaggeri.

 

Tabella 2. Meccanico e organico (biologico e non biologico)

MECCANICO, NON COMPLESSO

ORGANICO, COMPLESSO

Necessita di continue riparazioni e manutenzioni

Si autoguarisce

Odia la casualità

Ama la casualità (piccole variazioni)

Non necessita di recupero

Necessita di recupero tra i periodi di stress

Non ha interdipendenze (o ne ha poche)

Ha un alto grado di interdipendenza

Viene logorato dai fattori di stress

Si atrofizza in assenza di fattori di stress

Invecchia con l’uso (si usura)

Invecchia se non viene usato

Non compensa gli scossoni

Sovracompensa gli scossoni

Il tempo gli porta solo senescenza

Il tempo gli porta invecchiamento e senescenza

 

Le situazioni di disordine che oggi sono sempre meno diffuse grazie a una malattia moderna: la turistificazione. È il termine che uso per definire l’attuale tendenza della società a trattare gli esseri umani come lavatrici, oggetti dalla risposta meccanica elementare, corredati di un dettagliato manuale d’istruzioni. È la rimozione sistematica dell’incertezza e della casualità, nel tentativo di prevedere gli eventi nel minimo dettaglio; il tutto per ragioni di comodità, convenienza ed efficienza.

Vedremo come la turistificazione reprima i sistemi e gli organismi che prediligono l’incertezza, sottraendo fino all’ultima goccia la linfa della casualità e offrendo l’illusione del beneficio. I colpevoli sono il sistema dell’istruzione, i finanziamenti alla ricerca scientifica teleologica, il baccalaureato francese, le macchine da palestra ecc.
E l’agenda elettronica.

Ma le peggiori forme di turistificazione sono le moderne costrizioni imposte al nostro tempo libero: i venerdì sera a teatro, le feste organizzate, le risate pianificate. Ancora una volta, la gabbia dorata.
Questo comportamento “guidato dall’obiettivo” ferisce profondamente il sé esistenziale.

Se potessi prevedere con certezza come sarà la mia giornata, mi sentirei un tantino morto.
Dirò di più: la casualità è necessaria per condurre una vita vera. Non esiste ricchezza al mondo che possa comprare una bevanda migliore dell’acqua quando si ha molta sete; pochi oggetti sono più interessanti del portafogli (o del portatile) perso sul treno e poi ritrovato. Inoltre, allo stato naturale gli esseri umani sono stati spinti da stimoli esterni come la paura, la fame, il desiderio, fattori che facevano progredire per adattarsi all’ambiente.

Ci sono persone per cui la vita è una specie di progetto. Dopo aver parlato con loro, vi sentirete male per alcune ore e la vita vi sembrerà una pietanza scipita.

Gran parte della vita moderna è fatta di danni da stress cronico che potrebbero essere prevenuti.

Stiamo rendendo più fragili i sistemi sociali ed economici, perché neghiamo loro fattori di stress e casualità, collocandoli nel comodo (ma a lungo andare dannoso) letto di Procuste della modernità.

Nella mitologia greca, Procuste era un locandiere che, per fare in modo che i viandanti stessero a misura nel suo letto, amputava gli arti di quelli troppo alti e allungava quelli delle persone troppo basse. Otteneva così un letto che si adattava perfettamente all’ospite.
Come abbiamo visto nel capitolo 3, trattare un organismo come se fosse soltanto una macchina è una semplificazione, approssimazione o riduzione del tutto identica al letto di Procuste. Spesso lo facciamo con intenzioni nobili, avendo l’assillo di “sistemare” le cose, ma così finiamo spesso per farle fallire, per paura della casualità e per amore di ciò che fila liscio.

Stabilizzando eccessivamente i sistemi sociali, politici e di altro genere, li rendiamo vulnerabili ai Cigni neri.

La natura ama i piccoli errori (senza i quali le variazioni genetiche sono impossibili), gli esseri umani no. Perciò, affidandovi al giudizio umano vi ritroverete in balia di un bias mentale che disapprova l’antifragilità.
Così, purtroppo, noi esseri umani abbiamo paura del secondo tipo di variabilità, e nella nostra ingenuità rendiamo fragili i sistemi (o ne ostacoliamo l’antifragilità) proteggendoli. In altre parole, e vale la pena sottolinearlo ogni volta che serve, il fatto di evitare i piccoli errori rende più gravi quelli grandi.

Il mondo è troppo casuale e imprevedibile per poter basare le politiche sulla capacità di vedere il futuro. Ciò che sopravvive deriva dall’interazione tra un certo grado di idoneità e le condizioni ambientali.

Definisco modernità il predominio su larga scala dell’uomo sull’ambiente, il sistematico appianamento delle scabrosità del mondo e la repressione della volatilità e dei fattori di stress.
La modernità corrisponde allo sradicamento sistematico degli esseri umani dalla loro ecologia gravata dalla casualità, fisica e sociale, persino epistemologica. La modernità non è solamente il periodo storico postmedievale, postagricolo e postfeudale, come è definita nei testi di sociologia. È piuttosto lo spirito di un’epoca segnata dalla razionalizzazione (il razionalismo ingenuo), dall’idea che la società sia comprensibile e che dunque debba essere plasmata dagli uomini.

Due elementi fondamentali, che rappresentano il cuore della modernità. In primo luogo, l’interventismo ingenuo, con i costi legati al voler aggiustare le cose che dovrebbero essere lasciate come sono. In secondo luogo, l’idea di sostituire Dio e gli dèi che guidano gli eventi futuri con qualcosa di ancor più fondamentalista: la fede incondizionata nell’idea della previsione scientifica, indipendentemente dal campo di azione; la volontà di comprimere il futuro in numeri, affidabili o meno. Siamo infatti riusciti a trasformare la fede religiosa in credulità nei confronti di tutto ciò che riesce a spacciarsi per scienza.

Il nome di questa perdita netta, ossia l’entità, al netto dei benefici, del danno (in genere nascosto o a scoppio ritardato) causato da una cura, è “iatrogenesi”, che letteralmente significa “causato dal guaritore” e deriva dal greco iatros, “guaritore”.

Le previsioni non sono neutrali. Tutto sta nella iatrogenicità. Le previsioni possono essere dannose per chi si assume dei rischi.